DUE CARRARE
DALL’EPOCA ROMANA AL V SECOLO
Per avere notizie riguardanti il sorgere dei centri abitati nel territorio dell’attuale Comune di Due Carrare bisogna arrivare all’epoca romana quando qui, con molta probabilità, vi era un insediamento di coloni romani, come testimoniano i molti rinvenimenti archeologici risalenti a tale epoca, tra cui la lapide che ricorda l’augure Sesto Pompeo e che poi è servita da coperchio all’urna sepolcrale di Galeona moglie di Marsilio da Carrara, e di tanti altri importanti reperti che successivamente sono stati portati nel Museo degli Obizzi al Cartajo. Con la fine dell’Impero Romano d’Occidente, calarono in Italia quei popoli che i Romani chiamavano barbari perché non latini, portando molti lutti e rovine anche nel nostro territorio coumnale.
IL TOPONIMO
Non sappiamo quando qui si diffuse il Cristianesimo, ma certamente fu determinante l’opera di evangelizzazione svolta dal vescovo di Padova San Prosdocimo e dai suoi successori, dei quali Andrea Gloria ci fornisce un lungo e dettagliato elenco. In merito alla prima notizia della presenza cristiana in questo territorio, Andrea Gloria ci dice ancora che qui: “Avea Monastero, con chiesuola sotterranea di S. Andrea, fondato dall’abate Bernone il 910, osservante la regola di San Benedetto, dell’ordine di Clugny”. Tuttavia l’origine etimologica del termine Carrara è molto discussa e le diverse ipotesi avanzate sono un misto di storia e di leggenda. Lo storici Gigi Vasoin, nel suo importante libro “La Signora dei Carraresi nella Padova del ‘300”, ce ne segnala alcuna proposte da Giovanni di Conversino da Ravenna, le quali sono legate anche all’origine dei da Carrara, la famiglia che diverrà potente nel Medioevo. L’insigne giurista, nato forse a Budapest nel 1343 e morto a Venezia nel 1408, ipotizza questa storia romantica: “ Alla corte di un Imperatore – di cui non fa il nome – si erano conosciuti Landolfo di Norbona , della illustre famiglia dei Rossiglione della Gallia Transalpina, ed Elisabetta, figlia dell’Imperatore, e subito si erano amati, ma nell’impossibilità di sposarsi, dato il rango della fanciulla, erano fuggiti insieme il più lontano possibile e senza avvertire nessuno. Giunti in Italia, decidevano di fermarsi nei pressi di Monselice e di nascondersi nella vicina foresta. Qui avrebbero costruito la loro casa che per la sua bellezza, rispetto alla altre della zona, venne subito chiamata casa rara, poi trasformato per corruzione dialettale in Carraria e definitivamente in Carrara”. Una variante a tale ipotesi, sempre secondo Giovanni Di Coversino e prontamente segnalataci da Gigi Vasoin, è anche il nome della località fosse derivato dall’attività di costruttori di carri che i due giovani intrapresero per mascherare le loro origini, ma questa supposizione non ha trovato conferma in alcun documento. Altra ipotesi, avanzata questa volta dall’Olivieri, fa riferimento al termine carraria, una parola latina che significherebbe “via carreggiabile”. Il Vergerio, nel suo “princibus Carrarientibus et gestis eorum liber”, redatto nel 1404, tra l’altro dice: “….credo che il nome sia conseguenza del fatto che vi era un’industria molto nota come fabbrica di carri, perché prima si chiamava Villa del Bosco, Billa Nemonis”.
I CARRARESI
“ Probabilmente – scrive Il Signorini – il capostipite dei Carraresi era uno di quegli uomini d’arme di stirpe tedesca, chiamati “Arimanni” o uomini liberi, che dopo la fine dell’Impero Romano d’Occidente erano scesi in Italia al seguito di qualche imperatore ( forse Ottone I verso ò afine del X secolo), ricevendo in feudo, oltre la “curtis”, delle terre vincolate solo formalmente all’autorità imperiale e al rappresentante politico di tale autorità. In seguito, per propria capacità o per circostanze favorevoli, oppure anche per la fedeltà dimostrata verso l’Imperatore o il suo Vecerè, erano riusciti ad accumulare grandi proprietà e ingenti ricchezze”.
Il capostipite del casato dei da Carrara è fatto risalire ad un longobardo di nome Gamberto, ascendente di Gomberto, padre di quel Lidolfo sopra indicato, morto prima della donazione del 1027 fatta alla chiesa di Carrara Santo Stefano. Non sono invece concordi i pareri degli storici sulla investitura feudale di questo casato. C’è chi ritiene che il longobardo Gomberto, sia stato infeudato del territorio di Carrara da Berengario , duca del Friuli e re d’Italia,mentre altri ritengono che l’investitura conferitagli riguardasse inizialmente solo il territorio di Anguillara. La storia del comune di Dua Carrare e quella del Monastero di Santo Stefano si intreccia con quella dei Carraresi e lo sarà ancora di più quando gli uomini d questo casato diventeranno Signori di Padova.
Carrara San Giorgio comparirà più tardi, in un documento del 1194, riferito però alla locale cappella allora intitolata a San Giorgio e San Martino, due santi guerrieri molto amati dai Longobardi .La presenza di queste due chiese, di santo Stefano e di San Giorgio, localizzate nella zona un tempo chiamata Carraria,sottolineano ancora di più l’origine comune dei due nuclei abitativi e il loro legame indissolubile alla potente famiglia dei signori del luogo: i Da Carrara. Dagli studi fatti appare sempre più evidente che il nucleo territoriale dei Carraresi è il “castrum Carrariae”, cioè il Castello di Carrara San Giorgio.
Ma mano che ci avviciniamo al XII secolo, la potenza dei corrersi aumenta sempre più, sia perché essi, come “arimanni”, diventano padroni a pieno titolo della terra a loro assegnata in feudo per il venir meno della dipendenza dall’Imperatore, sia per l’ampliamento dei loro possedimenti. La massa di proprietà fondiaria dei Carraresi, non verificandosi divisioni per molti decenni, circa due secoli, aumenta e dapprima vengono aggregati fondi ad Arquà Tetrarca, Montegrotto, Pernumia, Bovolenta, Gorgo, e in un secondo tempo ad Agna, Anguillara, Bagnoli, Conselve, Verzegnano, Merlara di Sacco e poi altri ancora. Nel documento del 114 i Carraresi, oltre ad ottenere dall’Imperatore Enrico V un diploma immunitario, che concede loro particolari privilegi e li esonera da determinati obblighi fiscali e giurisdizionali relativi agli “arimanni2, dà loro anche la prerogativa, solamente regia, di costruire mulini sui fiumi ( A Pontemanco, borgata vicino a Carrara San Giorgio, un complesso di mulini durò fino a poco tempo fa), che verrà a costituire per gli interessati elemento produttore di ingenti ricchezze. La continua fedeltà all’imperatore determina nel 1160 la concessione, da parte dell’Imperatore Federico, di un diploma di conferma a favore di Marsilio da Carrara dei privilegi sinora ottenuti e a suo figlio Jacopino da Carrara, nel 1180, un diploma dello stesso Imperatore gli assegna definitivamente in proprietà ingenti beni, oggetto poi di una lunga controversia con i De Baone. I Carraresi nei primi anni 1100, pur rimanendo sempre fedeli all’Imperatore, dalla loro posizione di Signori rurali avevano cominciato con astuzia a guardare verso la città di Padova, tanto che nel 1130 Gomberto da Carrara era diventa uno dei “boni homines” del santo vescovo e martire Bellino e faceva parte della “ Curia vassalorum”,inoltre come “arimanni” e cittadini di Padova avevano trovato nel Comune lo strumento per ottenere maggiore autonomia dai Signori “comites”. La potente e ricca famiglia rurale dei da Carrara trova il suo decadimento nella lotta condotta a fondo da Ezzelino III da Romano, non solo come Vicario Imperiale, che fece anche arrestare e morire in carcere l’abate del monastero di Santo Stefano, bensì come dominatore diretto della sovranità padovana tra il 1237 ed il 1256, ed il contemporaneo assorbimento di ulteriori privilegi e competenze da parte de Podestà del Comune di Padova, agli ordini di Ezzelino stesso. Molte proprietà carraresi vengono confiscate, tra cui anche il Castello di Carrara, andato distrutto e del quale sono poche le tracce oggi rimaste. |